Il progetto e il workshop servito a realizzarlo, si sono svolti nell’ambito del programma “Sustainable Reconstruction in Gaza”, sostenuto dalla ONG Nobel per la Pace Handicap International, in collaborazione con l’Università della Palestina. Durante il corso, 50 studenti di ingegneria e architettura della Striscia di Gaza, hanno realizzato, con l’ausilio di 4 tutor e un impresa di costruzioni locale: un prototipo in scala 1:1, per testare il potenziale di materiali di recupero e tecnologie semplici ma labour intensive, nella costruzione di piccole strutture temporanee, come centri comunitari, negozi, aule, abitazioni, ecc.
Scopo sia del workshop che del progetto, sviluppato in team con gli architetti Erika Trabucco e Flavio Giaccone, è stato quello di sperimentare nuove metodologie che riducessero il gap tra necessità di ricostruire e difficoltà nell’avvio di questo processo. In questo contesto, infatti, il blocco imposto da Israele (e ratificato anche dall’Egitto), insieme alla difficile situazione politica ed economica e alla dispersione delle competenze lavorative, non consentono alcun tipo di sviluppo del territorio.
realizzati
Prototipi con materiali di recupero e macerie nella Striscia di Gaza
cliente
Handicap International, NGO
incarico
Consulenza per progetto e direzione workshop per la realizzazione
luogo
Striscia di Gaza
superficie
50 mq
anno
2015
foto
Eljor Kerciku
Il padiglione principale, denominato Peace Pavilion, è stato concepito per essere un luogo di riposo e meditazione per gli studenti dell’Università della Palestina. Il blocco di forma quasi cubica è costituito da 80 gabbioni metallici, realizzati artigianalmente con tondini di ferro recuperati da edifici distrutti e rete metallica; una volta posizionati, i gabbioni sono stati riempiti manualmente di macerie [conglomerati cementizi frantumati o da frantumare sul posto, massi, porzioni di pietra e ceramica], facendo particolare attenzione a garantire per ogni elemento la giusta distribuzione di vuoti e pieni.
Il padiglione minore, realizzato con sacchi riempiti di sabbia e sormontato da una copertura leggera in teli bianchi su struttura lignea, contiene un bagno per disabili realizzato come esempio del corretto uso di attrezzature e standard (posizione e tipologia di sanitari, collocazione e altezza delle maniglie, organizzazione dello spazio). Una parete è stata realizzata con bottiglie di plastica riciclate riempite di sabbia e murate con una quantità minima di malta cementizia.



La copertura leggera, che allo stesso tempo crea ombra e lascia filtrare lame di luce all’interno del padiglione, reinterpreta in chiave low‐cost l’idea del brise soleil attraverso l’utilizzo di pallet fissati lateralmente ad una struttura leggera in legno, poggiata da una lato sul muro in gabbioni e dall’altro su una struttura in legno identica ma verticale (la facciata del padiglione). Al centro del padiglione, circondato da un pavimento in tavole di legno di riciclo, è stato piantato un piccolo ficus benjamin, albero dal forte valore simbolico in quanto molto diffuso, prima dei conflitti armati, nelle pianure che circondano la città di Gaza.








Non marginale è stata la decisione di realizzare il prototipo non con un’impresa privata ma con degli studenti: la freschezza e l’entusiasmo delle nuove generazioni di professionisti è il motore che potrà in futuro far ripartire la macchina industriale ed economica di Gaza, e va oggi nutrito con stimoli, scambi di esperienze, nuove idee. Attraverso questa esperienza, gli studenti hanno visto crescere il frutto del loro lavoro, entrando in contatto con la realtà di un cantiere e tutte le sue implicazioni organizzative e tecniche.
Sono stati testimoni della distanza fisiologica che separa gli oggetti disegnati da quelli costruiti. Hanno infine sperimentato il lavoro in team, in cui ragazzi e ragazze hanno lavorato fianco a fianco, dimenticandosi per qualche giorno delle barriere socio‐culturali e dando a tutti noi una lezione, oltre che di impegno e passione, anche di apertura mentale.

